Ristorazione: aliquote iva

21 gennaio 2021

Aliquote iva del "delivery" e del "take away"

La Legge di Bilancio 2021 risolve una questione concernente l’aliquota IVA applicabile alla consegna a domicilio e all'asporto del cibo a cui moltissimi operatori economici hanno fatto ricorso per fare fronte alle misure restrittive e alle chiusure imposte ai pubblici esercizi dai vari D.P.C.M. che si sono succeduti nel tempo. La norma che assume la funzione di interpretazione autentica risolve la questione in modo del tutto condivisibile e a favore degli operatori economici.

Cessione di beni o prestazione di servizi?
Una delle numerose conseguenze dell’emergenza sanitaria da Covid-19 è che molti esercenti (es.: ristoranti, pizzerie, ecc.) hanno deciso di convertire in via temporanea la propria attività prevedendo l’asporto ovvero la consegna a domicilio, per limitare i danni conseguenti alle chiusure/limitazioni di orario. Da subito si è posto il problema di individuare la corretta aliquota IVA da applicare alle operazioni in esame.
Al fine di risolvere la criticità prassi e dottrina si sono poste la questione se "il take away" ovvero "il delivery" siano da considerare, ai fini IVA, somministrazioni di alimenti e bevande ovvero cessione di beni.
Somministrazioni di alimenti e bevande: in tale ipotesi, l’aliquota IVA applicabile è del 10% ai sensi del n. 121 della Tabella A, parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972 Rientra in tale ipotesi il pranzo ovvero la cena consumata nei locali del ristorante/pizzeria.
Cessione di beni: qualora la vendita per asporto (take away) ovvero la consegna domicilio (delivery), sia da considerare una cessione di beni si rende applicabile l’aliquota propria di ciascun bene ceduto (4%-5%-10%-22%), ed in taluni casi potrebbe essere molto difficile individuare l’aliquota applicabile alla singola cessione.
Sul tema l’Amministrazione finanziaria, nel principio di diritto n. 9 del 2019, ha affermato che, per applicare in modo corretto l’aliquota IVA è necessario distinguere fra cessione di beni e prestazione di servizi in quanto, a differenza delle cessioni, il contratto di somministrazione di alimenti e bevande è inquadrato nell’ambito delle fattispecie assimilate alle prestazioni di servizi dall’art. 3, comma 2, n. 4), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ed è caratterizzato dalla commistione di “prestazioni di dare” e “prestazioni di fare”. Inoltre, come già precisato, mentre la “somministrazione di alimenti e bevande” è assoggettata all’aliquota del 10%, la “cessione” dovrà scontare l’aliquota applicabile in dipendenza della singola tipologia di bene alimentare venduto. È di tutta evidenza, che il ricondurre le operazioni in esame ad una delle due fattispecie può determinare differenze sull’aliquota applicabile, fatto che assume un particolare rilievo nell’attuale periodo di emergenza sanitaria.

Risposta ad interrogazione parlamentare
In considerazione del periodo emergenziale, il Mef, in risposta a un’interrogazione parlamentare (n. 5-05007 del 18 novembre 2020), ha ammesso che sussiste un’equiparazione ai fini IVA tra le somministrazioni e le cessioni da asporto/domicilio, nella misura in cui le seconde sono modalità integrative dell’attività di somministrazione abitualmente svolta dall’esercente. Le motivazioni di tale affermazione sono da ricondurre al fatto che a causa dell’obbligatoria riduzione dei coperti per il rispetto dei vincoli igienico-sanitari e le altre limitazioni, le vendite da asporto ovvero le consegne a domicilio rappresentano modalità integrative mediante le quali gli esercenti possono svolgere la loro attività. Alla luce di quanto suesposto, la vendita per asporto ovvero la consegna a domicilio sono soggette all’aliquota IVA del 10%. Tale parere, pur essendo molto autorevole non aveva la valenza giuridica sufficiente per risolvere la delicata questione.

Posizione dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia si è pronunciata sul tema in data successiva alla risposta del Mef su una tematica analoga. Nella risposta ad istanza di interpello n. 581/2020 l’Agenzia non ha fatto propri i principi del Mef ed ha confermato il proprio orientamento circa la distinzione tra cessioni da asporto e somministrazioni di alimenti e bevande, al fine di individuare l’aliquota applicabile alle operazioni esame (confermando quindi il principio di diritto n. 9 del 2019).

Nel citato interpello, l’Agenzia ha ricordato che la Corte di Giustizia aveva affermato che, al fine di stabilire se una prestazione complessa unica debba essere qualificata cessione di beni o prestazione di servizi, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze con le quali si svolge l’operazione per ricercarne gli elementi caratteristici e identificarne gli elementi predominanti. In particolare, la Corte aveva affermato che la ristorazione può essere considerata una prestazione di servizi solo se caratterizzata da una serie di elementi e di atti dei quali la cessione di cibi rappresenta soltanto una parte e nel cui ambito risultano predominanti ampiamente i servizi. Diverso è il caso di un’operazione di mera cessione avente ad oggetto “alimenti da asportare non accompagnata da servizi volti a rendere più piacevole il consumo in loco in un ambiente adeguato”.

Nella citata istanza di interpello, l’Amministrazione finanziaria ha affermato che: “la principale componente di servizi accessoria che può risultare dirimente per la qualificazione dell’operazione come somministrazione di alimenti e bevande, sembrerebbe essere la possibilità di consumare presso il ristorante i prodotti acquistati, in linea con quanto disposto dall’articolo 6, paragrafo 1, del Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011. In assenza di detto elemento e di ulteriori servizi aggiuntivi l’operazione economica sembrerebbe configurare una vendita di beni da asporto. Di fatto, nell’ipotesi in cui gli alimenti e/o le bevande acquistate non vengano consumate presso il ristorante, prevalendo il carattere di asporto costituiscono cessioni di beni”.

Quindi nel caso di consumo dei prodotti nei locali trattasi di somministrazione di alimenti e bevande con applicazione dell’aliquota ridotta del 10%. Diversamente, nei casi di asporto dei prodotti, e quindi il consumo non avviene presso i locali, le cessioni di alimenti e bevande devono essere valutate separatamente dal punto di vista dell’applicazione dell’IVA e assoggettate ciascuna all’aliquota propria (ridotta o ordinaria).

Conclusioni
I diversi orientamenti dell’Amministrazione finanziaria ed i molti contributi apparsi sulla stampa hanno generato grandi incertezze tra gli operatori con il rischio di pensanti sanzioni in caso di controlli, in un momento di grande difficoltà economica. Le conclusioni a cui è pervenuta l’Amministrazione finanziaria nell’istanza di interpello n. 581/2020 benché rispettose dei principi comunitari, comportano una notevole complicazione per gli operatori economici soprattutto per le quietanza composte da più alimenti ed in quanto tali potenzialmente soggette a diverse aliquote IVA. È del tutto evidente l’aggravio che questo può comportare per gli operatori economici di un settore già in difficoltà.

Legge di Bilancio 2021: norma di interpretazione autentica
Allo scopo di porre fine alle incertezze è intervenuto il legislatore con l’art 1, comma 40, il quale prevede che:

“nella nozione di “preparazioni alimentari non nominate ne comprese altrove” di cui al n. 80) della Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/72 deve essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto”.

Il legislatore, con il suo intervento:
non definisce se il take away ovvero il delivery siano da considerare cessione di beni ovvero prestazione di servizi, ma, “superando” tale delicata tematica, assimila tali operazioni alle “preparazioni alimentari non nominate né comprese altrove”, ed in quanto tali soggette all’aliquota del 10% (a prescindere dal fatto che si debbano considerare cessione di beni ovvero somministrazione di alimenti e bevande).
considerando il carattere “residuale” della voce 80) della tabella IVA, ne è stata riconosciuta un’ampia portata, consentendo in tal modo di sancire l’aliquota IVA applicabile alle operazioni in questione;
trattandosi di una norma di interpretazione autentica, la stessa ha anche valenza retroattiva ponendo quindi fine ad eventuali contenziosi instaurati con l’Amministrazione finanziaria e potrà essere utilizzata in caso di futuri contenziosi tributari.
Per effetto di tale novità legislativa, il take away ed il delivery sono equiparati, in termini di aliquota IVA applicabile, alle somministrazioni di alimenti e bevande di cui al punto 121 della tabella A parte III allegata al D.P.R. n. 633/1972 (con applicazione dell’aliquota del 10%).

La norma è sicuramente da accogliere con positività in quanto risolve molti dubbi degli operatori, ne semplifica gli adempimenti, ed evita che l’applicazione in molti casi dell’aliquota del 22% determini una riduzione della marginalità in capo all’esercente ovvero un aumento del prezzo con evidenti ricadute in capo al cliente.
Aliquota IVA delle bevande
La novità legislativa non incide sul trattamento IVA di altre tipologie cessioni di beni (come ad esempio l’acqua minerale, la birra, la coca cola, ecc.) le quali, se fornite al di fuori della somministrazione nei locali, quindi vendute per asporto, continuano a scontare l’IVA aliquota ordinaria del 22%.
14 settembre 2021
I corrispettivi elettronici sono in continua evoluzione, ed il panorama si è ulteriormente arricchito di possibilità a seguito dell’approvazione delle regole tecniche di collegamento degli strumenti di incasso con moneta elettronica (POS) ai registratori telematici. Adottando, su base assolutamente facoltativa, gli strumenti di incasso evoluto gli esercenti potranno godere di un credito d’imposta per le commissioni bancarie maggiorato rispetto a quello ordinariamente concesso, nonché del riconoscimento di un ulteriore credito d’imposta concesso a fronte delle spese da sostenere per l’adeguamento a questa ennesima innovazione. Il Provvedimento 6 agosto 2021, n. 211996, ha disposto le regole tecniche da seguire, al fine di consentire il collegamento degli strumenti di incasso con moneta elettronica (POS) ai registratori telematici. Si tratta di un’opzione concessa agli esercenti, e non di un obbligo, che consente di godere di una serie di benefici, sotto forma di credito d’imposta. Il collegamento degli strumenti di incasso (POS) al Registratore Telematico trasformano il registratore in quello che viene definito “ “sistema di incasso evoluto". Tale provvedimento è stato emanato in data 6 agosto 2021, protocollo n. 211996 (Regole tecniche per il collegamento tra sistemi che consentono forme di pagamento elettronico e strumenti che consentono la memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, ai sensi degli articoli 22, comma 1-ter, e 22-bis, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 e successive modificazioni). Il provvedimento in oggetto altro non ha disposto se non un rinvio al par. 2.1 delle specifiche tecniche del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 28 ottobre 2016 e successive modificazioni e alle relative specifiche tecniche, rinviando eventuali ulteriori modalità a successivi provvedimenti. “Per i Registratori Telematici dotati di dispositivo abilitato al trattamento del pagamento elettronico (es. POS), compresi quelli di dimensioni ridotte e portatili, si precisa che le interazioni tra le componenti principali e le componenti per il trattamento dei pagamenti elettronici devono essere realizzate in modo da assicurare il livello più elevato possibile di continuità operativa delle funzioni del modulo fiscale del Registratore Telematico. Inoltre i dispositivi abilitati al trattamento dei pagamenti elettronici possono essere integrati all’interno dell’involucro del Registratore Telematico, rispettando le seguenti condizioni: 1. il dispositivo per il trattamento dei pagamenti elettronici non deve essere vincolato dal sigillo fiscale, in modo da rendere possibili le operazioni di manutenzione ed assistenza tecnica su di esso senza rimozione dello stesso sigillo. In ogni modo deve essere possibile effettuare gli interventi tecnici per ripristinare il funzionamento del solo modulo fiscale, senza il vincolo al ripristino del funzionamento del dispositivo di pagamento; 2. il dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici non deve interferire sulle funzioni del modulo fiscale; 3. in caso di intervento per manutenzione ordinaria o per guasto della componente fiscale, il tecnico abilitato deve poter rimuovere il sigillo fiscale, procedere alla riparazione e riapplicare il sigillo, ripristinando la funzionalità del modulo fiscale senza che sia necessario l’intervento di altri soggetti manutentori sul dispositivo di pagamento elettronico; 4. il software fiscale ed il software per la gestione dei pagamenti elettronici devono essere strutturalmente e funzionalmente separati, fatto salvo il canale di comunicazione per il necessario scambio dati. In particolare, la transazione innescata dal modulo fiscale verso il sistema di pagamento deve essere eseguita in modo singolo e non ulteriormente divisibile (cd. “operazione atomica”); 5 il dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici può utilizzare la stampante del Registratore Telematico per l’emissione della ricevuta di pagamento; 6. in caso di guasto o malfunzionamento del dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici, ancorché integrato in un unico contenitore, il Registratore Telematico non deve interrompere il proprio funzionamento fiscale; 7. in caso di transazioni effettuate con pagamento elettronico, nella memoria permanente di dettaglio devono essere riportati i seguenti dati: a. Data/ora della transazione bancaria (formato: aaaa/mm/gg hh:mm) b. Modalità dell’operazione (on-line oppure off-line) c. Importo dell’operazione d. Codice autorizzativo (codice univoco della transazione) In caso di Registratore Telematico di ridotte dimensioni (cd. palmare), il dispositivo per il pagamento elettronico potrà essere collocato nella parte del Registratore protetta dal sigillo fiscale. Devono comunque essere assicurate le seguenti condizioni: • in fase di esercizio, il guasto del dispositivo per il pagamento elettronico non deve causare l’interruzione della funzionalità del modulo fiscale dell’apparecchio; • in caso di intervento per manutenzione ordinaria o per guasto del modulo fiscale, il tecnico abilitato deve poter rimuovere il sigillo fiscale, procedere alla riparazione e riapplicare il sigillo, ripristinando la funzionalità del modulo fiscale del Registratore. I Registratori Telematici di ridotte dimensioni (cd. palmare) possono essere dotati di un unico dispositivo di visualizzazione (display) che permetta la contemporanea visione sia all’operatore sia al cliente, in modo tale che quest’ultimo possa leggere i dati di vendita in modo esauriente e comprensibile. La riparazione, o comunque la disponibilità di un apparecchio funzionante, deve avvenire tempestivamente”. Agli esercenti che adotteranno il collegamento dei sistemi di pagamento ai registratori telematici, verranno riconosciuti dei benefici di natura fiscale, in primis un c redito d’imposta su commissioni pagamenti elettronici come di seguito illustrato. - Beneficiari : esercenti attività di impresa, arte o professioni, con ricavi o compensi relativi all'anno d’imposta precedente inferiore a 400.000 euro, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali, a partire dal 1° luglio 2020. - Misura standard del beneficio: credito d’imposta del 30 per cento delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante carte di credito, di debito o prepagate mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili. - Misura maggiorata del beneficio nel caso di adozione di strumenti di incasso evoluti: per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, il credito d'imposta concesso è pari al 100 per cento delle commissioni. Trattasi di credito d’imposta concesso in regime “de minimis”, utilizzabile esclusivamente in compensazione, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR, D.P.R. n. 917/1986. Credito d’imposta per l'acquisto, il noleggio o l'utilizzo di strumenti che consentono forme di pagamento elettronico e per il collegamento con i registratori telematici Con specifico riferimento alle spese sostenute per la transizione ai sistemi di incasso evoluto sono previsti i seguenti crediti di imposta: Acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti che consentono forme di pagamento elettronico, effettuato tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022 (commi 1 e 2): beneficiari: esercenti attività di impresa, arte o professione, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali; misura del credito d’imposta: 70 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare non superiore a 200.000 euro; 40 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 200.000 euro e fino a 1 milione di euro; 10 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro della spesa sostenuta per l’acquisto, il noleggio o l’utilizzo degli strumenti stessi, nonché delle spese di convenzionamento ovvero delle spese sostenute per il collegamento tecnico tra i predetti strumenti, con un massimo di 160 euro per soggetto; acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti evoluti di pagamento elettronico che consentono anche la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi (comma 3): beneficiari: esercenti attività di impresa, arte o professione, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali; misura del credito d’imposta: 100 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare non superiore a 200.000 euro; 70 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 200.000 euro e fino a 1 milione di euro; 40 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro della spesa sostenuta, con un massimo di 320 euro per soggetto. I menzionati crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione, successivamente al sostenimento della spesa e non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR.
27 luglio 2021
In sede di conversione in Legge n. 106/2021 del D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, in materia di locazioni di immobili destinati ad attività commerciali, è stata introdotta una disposizione in base alla quale il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021. Ciò vale ove il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dalla pandemia da Covid-19. La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l’immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’art. 1786 c.c. o all’esercizio di attività teatrali. Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l’attività esercitata o da esercitare nell’immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio. Art. 28, comma 1, Legge n. 392/1978 Per le locazioni di immobili nei quali siano esercitate le attività indicate nei commi primo e secondo dell’art. 27, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e, per quelle di immobili adibiti ad attività alberghiere o all’esercizio di attività teatrali, di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta da comunicarsi all’altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenz a. Ad ogni modo, alla prima scadenza contrattuale, rispettivamente di sei o nove anni, il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione soltanto per i motivi di cui all’art. 29 con le modalità e i termini ivi previsti. Fatta tale doverosa ricostruzione, passiamo ad analizzare le novità introdotte dal D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, convertito dalla Legge n. 106/2021. Il D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, convertito dalla Legge n. 106/2021, prevede una disposizione volta a favorire la rinegoziazione dei contratti di locazione commerciale. Nello specifico, con l’art. 4-bis viene sostituito l’art. 6-novies del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, Decreto “Sostegni”, in materia di locazioni non abitative. L’art. 6-novies del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, nella sua formulazione vigente, prevede un percorso regolato di condivisione dell’impatto economico derivante dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, a tutela delle imprese e delle controparti locatrici, nei casi in cui il locatario abbia subito una significativa diminuzione del volume d’affari, del fatturato o dei corrispettivi, derivante dalle restrizioni sanitarie, nonché dalla crisi economica di taluni comparti e dalla riduzione dei flussi turistici legati alla crisi pandemica in atto. Locatario e locatore sono tenuti a collaborare tra di loro per rideterminare il canone di locazione. Con l’emendamento approvato in fase di conversione in Legge del Decreto “Sostegni-bis”, la disposizione in esame viene integrata con ulteriori previsioni. Nello specifico, viene disposto che il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021: - ove il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dalla pandemia, ovvero - non abbia beneficiato di altri strumenti di supporto di carattere economico e finanziarlo concordati con il locatore anche in funzione della crisi economica connessa alla pandemia stessa. Sarà necessario spiegare cosa si intenda per “misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte” ossia se rientra in tale novero anche il bonus affitti immobili non abitativi di cui all’art. 28 del D.L. n. 34/2020, Decreto “Rilancio”. La rinegoziazione del contratto riguarda, in particolare, i locatari esercenti attività economica che abbiano registrato un ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2021 inferiore almeno del 50 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nell’anno precedente. Si deve trattare di attività sottoposta ad una chiusura obbligatoria per almeno 200 giorni anche non consecutivi dopo l’8 marzo 2020. Ad ogni modo, i contorni operativi della misura appaiono piuttosto incerti. Sempre in materia di rinegoziazione dei contratti di locazione commerciale si segnala un apposito disegno di Legge, concernente la rinegoziazione dei contratti di locazione di immobili destinati ad attività commerciali, artigianali e ricettive per l’anno 2021 in conseguenza dell’epidemia di Covid-19 (Proposta di legge C. 2763-A). Tuttavia la proposta di Legge, ad oggi, risulta del tutto accantonata. Così come da reiezione riportata nel bollettino della Commissione parlamentare Attività produttive, commercio e turismo (X) del 16 giugno scorso.
16 luglio 2021
È stato emanato ieri il provvedimento direttoriale n. 191910 del 15 luglio 2021 con il quale l’Agenzia delle Entrate definisce le modalità di accesso al nuovo credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per COVID-19, di cui all’art. 32 del decreto “Sostegni-bis” (D.L. 25 maggio 2021, n. 73). In particolare: - la norma citata ha introdotto un credito d’imposta del 30 per cento per le spese sostenute nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2021 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per Covid-19; - il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per il 2021; possono usufruirne: a) i soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni; b) gli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo Settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti; c) le strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale, purché in possesso del codice identificativo regionale ovvero, in mancanza, identificate mediante autocertificazione in merito allo svolgimento dell’attività ricettiva di Bed and Breakfast; Inoltre sono ammesse le seguenti spese: - sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività; - somministrazione di tamponi a coloro che prestano la propria opera nell’ambito delle attività lavorative e istituzionali; - acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea; - acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti; - acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui sopra, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione; - acquisto di dispositivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione; La comunicazione contenente l’ammontare delle spese ammissibili sostenute nei mesi di giugno, luglio e agosto 2021, dovrà essere inviata dal 4 ottobre al 4 novembre 2021, utilizzando il modello approvato con il richiamato Provvedimento direttoriale 15 luglio 2021, n. 191910/2021. L’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari al credito d’imposta richiesto, moltiplicato per la percentuale resa nota con apposito provvedimento, che sarà emanato entro il 12 novembre 2021; Il credito d’imposta può essere utilizzato: - nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa; - in compensazione, a partire dal giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento di cui al precedente punto 6.
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