La deducibilità dei costi
19 febbraio 2021
Deducibilità ancorata al rispetto dei principi di competenza e inerenza
I costi sostenuti dall’impresa, per essere deducibili, devono possedere alcuni requisiti legati al rispetto dei principi di competenza, certezza, determinabilità, inerenza e contabilizzazione, fermo restando che, in ogni caso, devono essere correlati ai ricavi cui si riferiscono.
La deduzione dei costi inerenti alla produzione del reddito d’impresa non costituisce una scelta legislativa, ma è una caratteristica strutturale del concetto stesso di reddito. Infatti, per altre tipologie di redditi, come, per esempio, quello di lavoro dipendente, i costi sono irrilevanti. Così come, per ragioni di efficienza e cautela fiscale, alcuni costi sono indeducibili. Ciò che non deve essere trascurato, in ogni caso, è il principio secondo il quale i costi concettualmente deducibili, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sono esclusivamente quelli attinenti all’attività da cui il reddito stesso deriva, e non quelli riguardanti i consumi o gli investimenti privati dell’imprenditore o di terzi.
Il postulato della competenza richiede che i costi debbano essere correlati ai ricavi dell'esercizio.
Il principio della competenza deve essere correlato a quello della “prudenza”, per effetto del quale “la valutazione delle voci secondo prudenza comporta la ragionevole cautela nelle stime in condizioni di incertezza”.
In più, mentre l’art. 2423-bis, primo comma , n. 2), c.c., stabilisce che si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio, il primo comma, n. 4), dello stesso articolo, prevede che si deve tenere conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo.
Le richiamate norme delineano un effetto asimmetrico nella contabilizzazione dei componenti economici, con prevalenza del principio della prudenza rispetto a quello della competenza. Infatti, gli utili non realizzati non devono essere contabilizzati, mentre tutte le perdite, anche se non definitivamente realizzate, devono essere riflesse in bilancio.
Fiscalmente, il principio di competenza è contenuto nell’art. 109 del TUIR, tenendo conto che l’attività dell’impresa viene suddivisa in esercizi, ai quali corrisponde un autonomo periodo d’imposta.
Detto articolo dispone che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza. Tuttavia, i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni.
Da quanto precede si desume che le nozioni di competenza civile e fiscale, nella sostanza, non coincidono. Infatti:
- il codice civile impone l’imputazione a conto economico dei costi anche se solo probabili;
- il TUIR permette la deducibilità dei costi solo se certi e determinabili.
In ogni caso, il principio di competenza vuole che ai ricavi di un esercizio siano contrapposti i costi. Sul punto, sembra opportuno rimarcare l’indirizzo del Ministero delle finanze, con la R.M. 2 giugno 1998, n. 52/E (anche risoluzione Agenzia delle entrate 12 luglio 2006 , n. 91/E, e interpello DRE Emilia Romagna n. 909/579 del 2020), con la quale è stato chiarito che sono i costi che devono seguire i ricavi e non viceversa. Di conseguenza, una volta stabilito l'esercizio di competenza dei ricavi, divengono automaticamente deducibili in quello stesso esercizio tutti i costi relativi ad esso correlati.
Concludendo, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, il citato art. 109, comma 2, del TUIR, dispone che:
- per i beni mobili, il momento di imputazione dei ricavi e dei costi coincide con la data di consegna o spedizione, tenendo conto che la data di spedizione - viene individuata con l’uscita della merce dal magazzino;
- per i beni immobili (ma anche per le aziende), il conseguimento del ricavo e il sostenimento del costo si avverano alla data di stipulazione dell’atto;
- per le prestazioni di servizi, i corrispettivi si considerano conseguiti e i costi si considerano sostenuti alla data di ultimazione della prestazione.
La violazione del principio in esame comporta:
- l’obbligo di versamento della maggiore imposta con le relative sanzioni, parametrato all’indeducibilità dei costi dichiarati;
- la possibilità di recuperare la maggiore imposta versata nel periodo d’imposta relativo all’effettiva competenza del costo.
Certezza e determinabilità
L’art. 109, più volte richiamato, richiede che il componente negativo sia “certo ed oggettivamente determinabile”.
Bisogna considerare che questi due requisiti si inseriscono coerentemente in un impianto normativo ispirato dall’esigenza generale di certezza dei rapporti tributari, che può imporre, a volte, soluzioni diverse rispetto a quelle del codice civile e dei principi contabili.
Nonostante si siano verificati i momenti di competenza (ad esempio, ultimazione della prestazione), l’esistenza dell’operazione può essere incerta o il suo ammontare non ancora ben definito, con la conseguenza che il correlato elemento reddituale non può essere imputato al periodo d’imposta.
I requisiti in parola devono sussistere contemporaneamente. Una diversa conclusione trascurerebbe che “certezza” e “oggettiva determinabilità” si riferiscono a due aspetti profondamente diversi, attinenti uno all’an e l’altro al quantum del componente reddituale. Inoltre, la disposizione normativa è enunciata in negativo, nel senso che con la congiunzione “o”, presente nel prefato art. 109 del TUIR, non si intende affatto indicare che l’uno o l’altro requisito devono essere presenti, ma che tutti e due devono coesistere.
Quanto all’oggettiva determinabilità, la condizione per la deducibilità del costo si intende soddisfatta in presenza di una ragionevole stima (ammontare) dell’elemento reddituale. L’obiettiva determinabilità può ritenersi integrata quando al termine dell’esercizio si sono verificati gli elementi per calcolare con precisione la componente reddituale.
Il principio di inerenza
Detto principio costituisce il necessario presupposto per la deducibilità dei componenti negativi nella determinazione del reddito d’impresa.
Sempre l’art. 109, comma 5, del TUIR, dispone che i componenti negativi sono deducibili a condizione che, e nella misura in cui, si riferiscono ad attività o beni da cui derivano componenti positivi che concorrono a formare il reddito.
Ai fini del riconoscimento della deducibilità del costo in regime d’impresa, deve sussistere una stretta relazione di causa ed effetto tra i componenti negativi e le attività o i beni da cui derivano componenti positivi tassati.
Da evidenziare che il principio di inerenza deve essere valutato in modo estensivo, ossia facendo riferimento non ai ricavi, ma all’intera attività svolta (in tal senso: R.M. 28 ottobre 1998, n. 158/E; Cass., sent. 19 maggio 2000, n. 6502 ; Cass., sent. 1° agosto 2000, n. 10062 ) e alla struttura organizzativa assunta dall’impresa, valutando tutti gli elementi che possono risultare utili (Cass., sent. 18 dicembre 2006, n. 27095).
In pratica, occorre valutare se tra spesa e attività o beni da cui derivano ricavi sussiste una relazione immediata e diretta.
Poiché l’inerenza deve intercorrere tra i componenti negativi e le attività o i beni da cui derivano componenti positivi tassati (e non tra i componenti negativi e i componenti positivi tassati), ne deriva che sono deducibili anche i componenti negativi che si riferiscono ad attività o beni da cui, in proiezione futura, deriveranno componenti positivi che concorreranno a formare il reddito (C.M. 7 luglio 1983, n. 30/9/944).
In tema di inerenza, la Suprema Corte, Sez. trib., ord. 11 gennaio 2018, n. 450, ha dettato il principio secondo il quale: “in tema di imposte sui redditi, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5 , del D.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo D.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo” (in senso conforme, Cass., ord. 31 maggio 2018, n. 13882).
Questa sentenza è stata salutata con favore, in quanto ha messo fine al comportamento tenuto dagli Uffici fiscali, che ancorano il concetto di inerenza all’aspetto quantitativo e alla congruità della spesa, nonché all’antieconomicità del costo.
Nei fatti, se il costo sostenuto dall’impresa, rispetto all’attività esercitata, è di importo cospicuo, allora sussiste la mancanza di inerenza, individuata in tutte quelle situazioni in cui non viene rilevato quel necessario collegamento tra il componente negativo di reddito e la logica economica adottata dall’impresa nella sua gestione, finalizzata alla produzione di reddito.
Si evidenzia nella sentenza, invece, il carattere qualitativo dell’inerenza, non avendo nesso considerare indeducibile un costo, perché sproporzionato, incongruo o eccessivo.
Ultimo requisito necessario per la deducibilità fiscale di un componente negativo riguarda l’iscrizione a conto economico.
Infatti, il comma 4 dell’art. 109, TUIR più volte richiamato, esalta il principio di derivazione del reddito dai risultati del bilancio, per cui la deduzione delle spese e degli altri componenti negativi è subordinata alla condizione che detti elementi reddituali risultino imputati a conto economico nell’esercizio di competenza.
Si considerano comunque allocati nel conto economico, i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili adottati dall’impresa.
Tuttavia, sussistono delle deroghe al principio rappresentato dall’obbligo di iscrizione del componente negativo a conto economico, per cui sono comunque deducibili i costi:
- imputati a conto economico di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle norme che ne dispongono il rinvio;
- che, pur non essendo imputabili a conto economico, sono deducibili per disposizione di legge che ne consente il rinvio;
- imputati direttamente a patrimonio per effetto degli OIC.

I corrispettivi elettronici sono in continua evoluzione, ed il panorama si è ulteriormente arricchito di possibilità a seguito dell’approvazione delle regole tecniche di collegamento degli strumenti di incasso con moneta elettronica (POS) ai registratori telematici. Adottando, su base assolutamente facoltativa, gli strumenti di incasso evoluto gli esercenti potranno godere di un credito d’imposta per le commissioni bancarie maggiorato rispetto a quello ordinariamente concesso, nonché del riconoscimento di un ulteriore credito d’imposta concesso a fronte delle spese da sostenere per l’adeguamento a questa ennesima innovazione. Il Provvedimento 6 agosto 2021, n. 211996, ha disposto le regole tecniche da seguire, al fine di consentire il collegamento degli strumenti di incasso con moneta elettronica (POS) ai registratori telematici. Si tratta di un’opzione concessa agli esercenti, e non di un obbligo, che consente di godere di una serie di benefici, sotto forma di credito d’imposta. Il collegamento degli strumenti di incasso (POS) al Registratore Telematico trasformano il registratore in quello che viene definito “ “sistema di incasso evoluto". Tale provvedimento è stato emanato in data 6 agosto 2021, protocollo n. 211996 (Regole tecniche per il collegamento tra sistemi che consentono forme di pagamento elettronico e strumenti che consentono la memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, ai sensi degli articoli 22, comma 1-ter, e 22-bis, comma 1, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157 e successive modificazioni). Il provvedimento in oggetto altro non ha disposto se non un rinvio al par. 2.1 delle specifiche tecniche del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 28 ottobre 2016 e successive modificazioni e alle relative specifiche tecniche, rinviando eventuali ulteriori modalità a successivi provvedimenti. “Per i Registratori Telematici dotati di dispositivo abilitato al trattamento del pagamento elettronico (es. POS), compresi quelli di dimensioni ridotte e portatili, si precisa che le interazioni tra le componenti principali e le componenti per il trattamento dei pagamenti elettronici devono essere realizzate in modo da assicurare il livello più elevato possibile di continuità operativa delle funzioni del modulo fiscale del Registratore Telematico. Inoltre i dispositivi abilitati al trattamento dei pagamenti elettronici possono essere integrati all’interno dell’involucro del Registratore Telematico, rispettando le seguenti condizioni: 1. il dispositivo per il trattamento dei pagamenti elettronici non deve essere vincolato dal sigillo fiscale, in modo da rendere possibili le operazioni di manutenzione ed assistenza tecnica su di esso senza rimozione dello stesso sigillo. In ogni modo deve essere possibile effettuare gli interventi tecnici per ripristinare il funzionamento del solo modulo fiscale, senza il vincolo al ripristino del funzionamento del dispositivo di pagamento; 2. il dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici non deve interferire sulle funzioni del modulo fiscale; 3. in caso di intervento per manutenzione ordinaria o per guasto della componente fiscale, il tecnico abilitato deve poter rimuovere il sigillo fiscale, procedere alla riparazione e riapplicare il sigillo, ripristinando la funzionalità del modulo fiscale senza che sia necessario l’intervento di altri soggetti manutentori sul dispositivo di pagamento elettronico; 4. il software fiscale ed il software per la gestione dei pagamenti elettronici devono essere strutturalmente e funzionalmente separati, fatto salvo il canale di comunicazione per il necessario scambio dati. In particolare, la transazione innescata dal modulo fiscale verso il sistema di pagamento deve essere eseguita in modo singolo e non ulteriormente divisibile (cd. “operazione atomica”); 5 il dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici può utilizzare la stampante del Registratore Telematico per l’emissione della ricevuta di pagamento; 6. in caso di guasto o malfunzionamento del dispositivo abilitato al trattamento dei pagamenti elettronici, ancorché integrato in un unico contenitore, il Registratore Telematico non deve interrompere il proprio funzionamento fiscale; 7. in caso di transazioni effettuate con pagamento elettronico, nella memoria permanente di dettaglio devono essere riportati i seguenti dati: a. Data/ora della transazione bancaria (formato: aaaa/mm/gg hh:mm) b. Modalità dell’operazione (on-line oppure off-line) c. Importo dell’operazione d. Codice autorizzativo (codice univoco della transazione) In caso di Registratore Telematico di ridotte dimensioni (cd. palmare), il dispositivo per il pagamento elettronico potrà essere collocato nella parte del Registratore protetta dal sigillo fiscale. Devono comunque essere assicurate le seguenti condizioni: • in fase di esercizio, il guasto del dispositivo per il pagamento elettronico non deve causare l’interruzione della funzionalità del modulo fiscale dell’apparecchio; • in caso di intervento per manutenzione ordinaria o per guasto del modulo fiscale, il tecnico abilitato deve poter rimuovere il sigillo fiscale, procedere alla riparazione e riapplicare il sigillo, ripristinando la funzionalità del modulo fiscale del Registratore. I Registratori Telematici di ridotte dimensioni (cd. palmare) possono essere dotati di un unico dispositivo di visualizzazione (display) che permetta la contemporanea visione sia all’operatore sia al cliente, in modo tale che quest’ultimo possa leggere i dati di vendita in modo esauriente e comprensibile. La riparazione, o comunque la disponibilità di un apparecchio funzionante, deve avvenire tempestivamente”. Agli esercenti che adotteranno il collegamento dei sistemi di pagamento ai registratori telematici, verranno riconosciuti dei benefici di natura fiscale, in primis un c redito d’imposta su commissioni pagamenti elettronici come di seguito illustrato. - Beneficiari : esercenti attività di impresa, arte o professioni, con ricavi o compensi relativi all'anno d’imposta precedente inferiore a 400.000 euro, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali, a partire dal 1° luglio 2020. - Misura standard del beneficio: credito d’imposta del 30 per cento delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante carte di credito, di debito o prepagate mediante altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili. - Misura maggiorata del beneficio nel caso di adozione di strumenti di incasso evoluti: per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, il credito d'imposta concesso è pari al 100 per cento delle commissioni. Trattasi di credito d’imposta concesso in regime “de minimis”, utilizzabile esclusivamente in compensazione, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR, D.P.R. n. 917/1986. Credito d’imposta per l'acquisto, il noleggio o l'utilizzo di strumenti che consentono forme di pagamento elettronico e per il collegamento con i registratori telematici Con specifico riferimento alle spese sostenute per la transizione ai sistemi di incasso evoluto sono previsti i seguenti crediti di imposta: Acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti che consentono forme di pagamento elettronico, effettuato tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022 (commi 1 e 2): beneficiari: esercenti attività di impresa, arte o professione, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali; misura del credito d’imposta: 70 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare non superiore a 200.000 euro; 40 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 200.000 euro e fino a 1 milione di euro; 10 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro della spesa sostenuta per l’acquisto, il noleggio o l’utilizzo degli strumenti stessi, nonché delle spese di convenzionamento ovvero delle spese sostenute per il collegamento tecnico tra i predetti strumenti, con un massimo di 160 euro per soggetto; acquisto, noleggio o utilizzo di strumenti evoluti di pagamento elettronico che consentono anche la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi (comma 3): beneficiari: esercenti attività di impresa, arte o professione, che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali; misura del credito d’imposta: 100 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare non superiore a 200.000 euro; 70 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 200.000 euro e fino a 1 milione di euro; 40 per cento, per i soggetti i cui ricavi e compensi relativi al periodo d'imposta precedente siano di ammontare superiore a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro della spesa sostenuta, con un massimo di 320 euro per soggetto. I menzionati crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione, successivamente al sostenimento della spesa e non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109, comma 5, del TUIR.
In sede di conversione in Legge n. 106/2021 del D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, in materia di locazioni di immobili destinati ad attività commerciali, è stata introdotta una disposizione in base alla quale il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021. Ciò vale ove il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dalla pandemia da Covid-19. La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l’immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’art. 1786 c.c. o all’esercizio di attività teatrali. Il contratto di locazione può essere stipulato per un periodo più breve qualora l’attività esercitata o da esercitare nell’immobile abbia, per sua natura, carattere transitorio. Art. 28, comma 1, Legge n. 392/1978 Per le locazioni di immobili nei quali siano esercitate le attività indicate nei commi primo e secondo dell’art. 27, il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni e, per quelle di immobili adibiti ad attività alberghiere o all’esercizio di attività teatrali, di nove anni in nove anni; tale rinnovazione non ha luogo se sopravviene disdetta da comunicarsi all’altra parte, a mezzo di lettera raccomandata, rispettivamente almeno 12 o 18 mesi prima della scadenz a. Ad ogni modo, alla prima scadenza contrattuale, rispettivamente di sei o nove anni, il locatore può esercitare la facoltà di diniego della rinnovazione soltanto per i motivi di cui all’art. 29 con le modalità e i termini ivi previsti. Fatta tale doverosa ricostruzione, passiamo ad analizzare le novità introdotte dal D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, convertito dalla Legge n. 106/2021. Il D.L. n. 73/2021, Decreto “Sostegni-bis”, convertito dalla Legge n. 106/2021, prevede una disposizione volta a favorire la rinegoziazione dei contratti di locazione commerciale. Nello specifico, con l’art. 4-bis viene sostituito l’art. 6-novies del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, Decreto “Sostegni”, in materia di locazioni non abitative. L’art. 6-novies del decreto legge 22 marzo 2021, n. 41, nella sua formulazione vigente, prevede un percorso regolato di condivisione dell’impatto economico derivante dall’emergenza epidemiologica da Covid-19, a tutela delle imprese e delle controparti locatrici, nei casi in cui il locatario abbia subito una significativa diminuzione del volume d’affari, del fatturato o dei corrispettivi, derivante dalle restrizioni sanitarie, nonché dalla crisi economica di taluni comparti e dalla riduzione dei flussi turistici legati alla crisi pandemica in atto. Locatario e locatore sono tenuti a collaborare tra di loro per rideterminare il canone di locazione. Con l’emendamento approvato in fase di conversione in Legge del Decreto “Sostegni-bis”, la disposizione in esame viene integrata con ulteriori previsioni. Nello specifico, viene disposto che il locatario e il locatore sono chiamati a collaborare tra di loro in buona fede per rideterminare temporaneamente il canone di locazione per un periodo massimo di cinque mesi nel corso del 2021: - ove il locatario non abbia avuto diritto di accedere, a partire dall’8 marzo 2020, ad alcuna delle misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte dalla pandemia, ovvero - non abbia beneficiato di altri strumenti di supporto di carattere economico e finanziarlo concordati con il locatore anche in funzione della crisi economica connessa alla pandemia stessa. Sarà necessario spiegare cosa si intenda per “misure di sostegno economico adottate dallo Stato per fronteggiare gli effetti delle restrizioni imposte” ossia se rientra in tale novero anche il bonus affitti immobili non abitativi di cui all’art. 28 del D.L. n. 34/2020, Decreto “Rilancio”. La rinegoziazione del contratto riguarda, in particolare, i locatari esercenti attività economica che abbiano registrato un ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 giugno 2021 inferiore almeno del 50 per cento rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi nell’anno precedente. Si deve trattare di attività sottoposta ad una chiusura obbligatoria per almeno 200 giorni anche non consecutivi dopo l’8 marzo 2020. Ad ogni modo, i contorni operativi della misura appaiono piuttosto incerti. Sempre in materia di rinegoziazione dei contratti di locazione commerciale si segnala un apposito disegno di Legge, concernente la rinegoziazione dei contratti di locazione di immobili destinati ad attività commerciali, artigianali e ricettive per l’anno 2021 in conseguenza dell’epidemia di Covid-19 (Proposta di legge C. 2763-A). Tuttavia la proposta di Legge, ad oggi, risulta del tutto accantonata. Così come da reiezione riportata nel bollettino della Commissione parlamentare Attività produttive, commercio e turismo (X) del 16 giugno scorso.

È stato emanato ieri il provvedimento direttoriale n. 191910 del 15 luglio 2021 con il quale l’Agenzia delle Entrate definisce le modalità di accesso al nuovo credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per COVID-19, di cui all’art. 32 del decreto “Sostegni-bis” (D.L. 25 maggio 2021, n. 73). In particolare: - la norma citata ha introdotto un credito d’imposta del 30 per cento per le spese sostenute nei mesi di giugno, luglio ed agosto 2021 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti, comprese le spese per la somministrazione di tamponi per Covid-19; - il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per il 2021; possono usufruirne: a) i soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni; b) gli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo Settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti; c) le strutture ricettive extra-alberghiere a carattere non imprenditoriale, purché in possesso del codice identificativo regionale ovvero, in mancanza, identificate mediante autocertificazione in merito allo svolgimento dell’attività ricettiva di Bed and Breakfast; Inoltre sono ammesse le seguenti spese: - sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell’ambito di tali attività; - somministrazione di tamponi a coloro che prestano la propria opera nell’ambito delle attività lavorative e istituzionali; - acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea; - acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti; - acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui sopra, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione; - acquisto di dispositivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione; La comunicazione contenente l’ammontare delle spese ammissibili sostenute nei mesi di giugno, luglio e agosto 2021, dovrà essere inviata dal 4 ottobre al 4 novembre 2021, utilizzando il modello approvato con il richiamato Provvedimento direttoriale 15 luglio 2021, n. 191910/2021. L’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari al credito d’imposta richiesto, moltiplicato per la percentuale resa nota con apposito provvedimento, che sarà emanato entro il 12 novembre 2021; Il credito d’imposta può essere utilizzato: - nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa; - in compensazione, a partire dal giorno lavorativo successivo alla pubblicazione del provvedimento di cui al precedente punto 6.